Per
capire bene il sacrificio di Padre Puglisi occorre dare uno
sguardo alla città in cui viveva, operava, finendone ucciso per uno
slancio d'Amore, scambiato per 'invadenza' di territorio.
Già,
perchè a Palermo vigeva, e vige tuttora, una rigida e severa
ripartizione del territorio per sfere di competenza.
La
presenza della mafia a Palermo, oggi indiscutibile, era stata negata
per anni. Nei processi ai mafiosi la mafia non era un'entità
precisa, con organizzazione e regole. Fino a tutti gli anni 70, la
città era tenuta in scacco da mafiosi e 'uomini d'onore'. E se
qualcuno veniva arrestato, riusciva anche a cavarsela , perchè nei
processi era difficile far passare il reato che gli veniva
addebitato, come una colpa derivante dalla sua appartenenza ad una
cosca mafiosa.
Ai
primi degli anni '80 la città si svegliava ogni mattina con
una vera e propria mattanza di 'picciotti' (killers e
manovalanza criminale spicciola) e di 'capi'.
Stava
avvenendo quella che gli inquirenti descrissero come una vera 'guerra
di Mafia', da cui
scaturì una fazione vincente, quella dei Corleonesi
(tutti mafiosi provenienti da Corleone,
un paese a circa 80 km da Palermo). I suddetti Corleonesi decimarono
letteralmente uomini e famiglie di Palermitani
Fu
in quei giorni che indagarono con maggiore professionalità due
personaggi che la cronaca trasmise poco dopo alla storia: i giudici
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Falcone, in
particolare, riuscì a convincere un notissimo 'uomo d'onore',
Tommaso Buscetta, a pentirsi. Dagli interrogatori che ne
scaturirono, per la prima volta nella storia, si aprì uno squarcio
per poi addivenire ad un vero e proprio fiume di dichiarazioni di
Buscetta, che descrisse la mafia Palermitana come una 'cupola'. Sì,
il termine è intraducibile. Era la Cupola
il vero Stato Maggiore
di Cosa Nostra
(termine vezzeggiativo, con cui i mafiosi chiamano la mafia).
Si addivenì ad un processo, nel 1986, chiamato il
MaxiProcesso,
dove, per la
prima volta nella storia, e con leggi appropriate, veniva processata
la Mafia. Dalla Cupola discendeva tutta una gerarchia di
personaggi che ubbidivano sempre a qualcuno più in alto di lui. Il
primo di tutti era una specie di Monarca, che aveva in
assoluto ogni potere di vita e di morte su tutti. Si scoprì, anni
dopo, che il capo era Totò Riina, recentemente morto nella
galere italiane.
Il capo dei capi, come veniva chiamato,
appunto, Totò Riina,
(detto 'u' curtu, il basso, per la sua piccola statura) fu
arrestato, per un tradimento, nel 1993. Dalle indagine si
scoprì che TUTTO era imputabile a lui, tutti gli assassinii
di mafiosi e giudici (come Falcone e Borsellino, saltati in aria nel
1992, grazie a bombe sistemate al loro passaggio).
E
le pene comminategli dai vari giudici, nei processi cui fu
sottoposto, assommarono a 24 ergastoli, pena impossibile da
scontare da un essere umano.
Negli
ultimi anni è nata una frangia di pensiero, molto in voga tra
notissimi giornalisti e uomini di pensiero, che parla di un Patto
Stato-Mafia.
Questo
Patto sarebbe nato per le paure di uomini politici di essere
investiti dalle vendette dei Mafiosi, che , nel 1992/93,
cominciarono ad effettuare veri e propri attentati fuori Palermo, a
monumenti, chiese, eventi pubblici. E chiedevano di essere supplicati
di smettere, alleggerendo le condizioni di prigionia cui venivano
sottoposti i mafiosi. Questa tesi, purtroppo, è stata confermata da
misteriose interferenze di personaggi di non origine mafiosa
in fatti di cronaca dall'origine inspiegabile (per esempio,
l'attentato a Falcone all'Addaura, il depistaggio
dell'attentato a Borsellino, ecc.)
Nessun commento:
Posta un commento