ARANCINE
Uno snack delizioso, da consumare a
colazione, pranzo e cena. Di primo mattino, tutti i bar palermitani
le tengono in bella mostra. Con carne e al burro sono
le più tradizionali. Adesso ci sono delle rosticcerie che ne
preparano con i gusti più disparati, mettendo, come ingrediente
interno, delle verdure, del pescespada, vari formaggi,
ecc. Ma è bene dire che l'arancina più tradizionale è solamente
alla carne. Ed è con questa che cominciamo le istruzioni per la
preparazione. Si porti alla cottura 1 kg. di riso per risotti.
Suggeriamo di mettere dello zafferano nell'acqua e delle
foglie di alloro. Allo stesso tempo, cuocere il condimento.
Circa mezzo Kg di carne macinata da preparare come un
ragù, molto ristretto, con un po' di estratto di
pomodoro, piselli e alcune foglioline di menta.
Dopo quasi un' ora di cottura, lasciar freddare. Anche il riso,
quando è cotto, spegnere il fornello, scolarlo, eliminare l'alloro e
lasciarlo freddare. A questo punto, freddi gli ingredienti,
creare delle palline di riso con il palmo della mano, mettere un
cucchiaino di ragù, chiudere la pallina con la mano.Poi
lavorare, con le mani che avrete bagnato d'acqua, l'arancina,
modellandola bene, e impanarla sul pangrattato.
Con questa tecnica e con questa
quantità di ingredienti ne farete una ventina circa.
Accumularle su un piatto e coprirle con un panno asciutto. Su una
pentola immettete un litro di olio di semi di girasole e
portate a ebollizione. E scendere, ad una ad una le arancine, che
saranno fritte prendendo un bel colore dorato. Adagiarle, volta per
volta, su un piatto con della carta assorbente gli oli fritti.
Per quelle al burro, invece,
sostituire il ragù con del burro, primosale siciliano, pepe
nero e prosciutto cotto tagliato a cubetti. Servire
e...buon appetito. Gustare le arancine accompagnandole con Inzolia
siciliano o Nero d'Avola.
SFINCIONE
Una vera delizia per il palato. E lo
sanno molto bene i palermitani, che di cose buone se ne intendono.
Una volta lo si trovava solo tra i venditori di strada. E la
cantilena 'cavuru cavuru! Chi cciàvuru!' (caldo
caldo! Che profumo!) era familiare a tutti, nei quartieri
popolari. E quello che abbanniava (urlava
le qualità del suo prodotto) si sentiva chiamato dai balconi con un
Shhhh! Shhhh!
Un tipico suono emanato dalle
casalinghe, per attirare l'attenzione dello sfinciaru,
per comprarne un pezzo. Quello venduto per strada era molto semplice.
Ma in casa, come si vedrà, è più articolato e pieno di
ingredienti.
Per iniziare:
mettere a cuocere dei pomodori (parliamo di uno sfincione per 4-6
persone). Ne occorrono 1 kg, freschi, da pelare prima, o un
barattolo da 1 kg di pomodori pelati. Sminuzzare mezzo kg di cipolle.
E cuocere, a fiamma bassa, per almeno un'ora e mezza. Cuocendo,
occorre mescolare di tanto in tanto, mettendo un po' di sale e
assaggiandone il gusto. Adesso occorre preparare la pasta. Mescolare
1 kg di farina con 1 bicchiere di acqua tiepida, 80 g. di lievito di
birra e 50 g. di farina di mais. Salare e mettere olio e zucchero
(pochino). Fare lievitare per 6 ore.
La pasta, già
lievitata, si stenda su una teglia oliata. Si cosparga di quella
salsa che profuma di cipolle. Altri ingredienti, a piacere, sono
melanzane fritte o cuori di carciofo, acciughe salate, pezzi di
caciocavallo, pangrattato e origano. Si cosparge tutto di olio eztra
vergine di oliva, sale e pepe nero. E si inforna per 45 minuti,
badando sempre, dall'odore e dalla vista, che non si bruci.
E
buon appetito. Con lo sfinciuni.
PANELLE
A Palermo gira tra la gente una
cantilena popolare: cu mancia panelli 'un muori mai. (chi
mangia panelle non muore mai). Ed ha una valenza scientifica: i ceci,
da cui ha origine la pasta di cui sono composti, sono ricchi di
proteine, al punto che un panino con le panelle ha lo stesso valore
energetico di una fetta di carne ma fa meno danni. Ed
allora, procediamo con le istruzioni per fare queste panelle,
buonissime e salutari. Si prendano 250 g. di farina
di ceci
e si versino a pioggia su una pentola che contiene 1
litro di acqua.
Importante: il rapporto tra farina e acqua deve essere 1
a 4. E
si mescoli a freddo con una frusta girando continuamente. Un po' di
sale. Sempre mescolando. A questo punto si accenda il fuoco, chè
inizia il vero lavoro del cuoco. Mescolare a fuoco lento per circa
mezzora, versando, nel frattempo, del prezzemolo
tritato.
Ci sarà un momento che la pasta diverrà densa. Non fermarsi.
Continuare a mescolare, sinchè si ha l'impressione che la
pasta si stacchi da sola dalle pareti. Quello è il segnale preciso
che è il punto preciso di cottura.
A questo punto prendere un contenitore cilindrico, ungerlo al suo
interno d'olio, versarvi la pasta di ceci e fare raffreddare per 6-8
ore in frigo.
Al termine del raffreddamento lasciar scivolare il cilindro di pasta
che si è ottenuto su un piatto, in orizzontale, e affettarlo come un
salame,
in fettine sottili.
Messo a bollire un litro d'olio di semi, lasciar scivolare a due-tre
alla volta le fettine. Cuoceranno velocemente. Giratele
continuamente. Si vedrà che sono cotte quando su ogni panella si
solleverà un velo
sottile.
Versarle allora su un piatto con dentro della carta per assorbire
l'olio. Si mangiano calde calde, versando sale e pepe nero e,
qualcuno lo gradisce, una spruzzata
di limone.
Buonissime!
CIBI IN MEZZO ALLA STRADA
Palermo. E' un'autentica 'droga'
gastronomica. E' il trionfo del gusto, della scelta, dell'assaggio,
della varietà, del leggero (come mangiare una patatina dolce e
bollita dal fruttivendolo) ma anche del pesante (un 'coppo' di
frittola). Tutti chiamati CIBI DA STRADA, ma per le vie di
Palermo non si finirebbe di mangiare mai. Si comincia la
mattina da un tipico bar di Palermo (ce ne sono tantissimi) dove si
può consumare una IRIS, focaccia morbidissima fritta ripiena
di crema di ricotta e cioccolato), un CARTOCCIO (simile alla
precedente, ma con crema di ricotta che fuoriesce da due fori)
oppure una RIZZUOLA (morbidissima focaccia fritta ripiena di
un ottimo ragu di carne, profumato di menta), oltre alle immancabili
ARANCINE (di cui ho già parlato), agli SFINCIONELLI,
anche di questi ho già parlato, oppure uno SPIEDINO (focaccia
fritta ripiena di ragu' e salsa bechamel, a strati). E finito con la
rosticceria, il palermitan ha schierati davanti a sé, durante la
giornata, per strada, tutta una seerie di attentati alla sua linea.
Può romper il digiuno con un PANINO CA' MEUSA, morbidissima
pagnottina ripiena di MILZA e altre interiora di mucca, cotte nello
STRUTTO, aggiunte di RICOTTA e CACIOCAVALLO
grattugiato. Se capita, può anche incontrare il venditore di MUSSU,
MASCIDDARU e CALCAGNOLU, che sono le cotenne della mucca, in
particolare del muso e delle zampe, opportunamente bollite e
spruzzate di limone e guarnite di prezzemolo. E molto sale. Come ci
vuole molto sale nella CARNE A STRICASALI, parti di carne
grassa, affettata e bollita, annegate nel limone, nel sale e nel pepe
nero. E se incontro quello della FRITTOLA? E' il venditore di
una prelibatezza, molto grassa, che tiene calda in un cesto, chiuso
da una 'mappina' e ne serve un pugno alla volta, per
mantenerla calda. La sera non guasterà un piatto di CUARUMA,
che sono le interiora del vitello, bollite e tagliate a pezzi.
Oppure, se incontro uno che arrostisce STIGGHIOLE,
gustosissimi intestini di pecora, ne assaggio una. Questa è tutta
carne. Anni fa c'erano quelli che vendevano FRUTTI DI MARE per
strada, o POLPO BOLLITO. E i PANELLARI? Dove li
mettiamo? Espongono nel bancone un panorama di fritture: PANELLE,
CROCCHE', RASCHIATURE, QUAGGHI (melanzanine fritte), CICIREDDU
(pesciolini fritti) e tante altre varietà di fritture, anche a
richiesta.
Conclusione:
per strada, il Palermitano non rischia mai di MORIRE
DI FAME.