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Accade ogni giorno. Ci si siede,
contendendo furiosamente un posto, tra un trolley e un affollamento
di ciabatte. La voce registrata, graziosamente femminile, avverte che
la prossima fermata è, poniamo, Eur Magliana. Un rapido colpo
d'occhio fa emergere che molti sguardi sono chini sul proprio
Smartphone. Chi gioca, chi ascolta musica, chi telefona. La Mètro,
come viene chiamata giocosamente a Roma, sfreccia tra le varie
fermate. E comincia la passerella dei questuanti. C'è la signora
matura, magra, dignitosamente vestita, abbronzata, con qualche
difetto qua e là nelle scarpe o nei jeans, che cammina velocemente
tra un vagone e l'altro che parla ad alta voce, che racconta la sua
vicenda personale, che tanto le brucia. Così veniamo a sapere che è
stata licenziata due anni fa, che ha 54 anni, che cerca continuamente
lavoro, che la scartano ai colloqui perchè troppo vecchia, ecc. E
cammina. E parla con un immaginario interlocutore. A tutti sembra una
matta, perchè assume le movenze del viso come se avesse realmente di
fronte qualcuno. Tra i passeggeri seduti, qualcuno, specie i più
giovani, accenna ad un sorriso di compatimento. I più anziani fanno
finta di niente. Sembrano abituati. Qualche minuto di silenzio ed
ecco che ripassa. Stavolta ha cambiato tono della voce. Diventa
misera, supplichevole. Ha bisogno di qualche centesimo perchè non sa
come mangiare. E si rivolge direttamente a qualche passeggero.
Signora, mi dia qualcosa. Devo mangiare, dice a qualcuno. I più, col
volto chino o girato da un'altra parte, la ignorano. Poi c'è la
ragazza Rom, col neonato attaccato al collo, dormiente o stordito.
Vestita in maniera trasandata, una maglietta sdrucita, col pupo a
volte attaccato al suo seno. E inizia la sua solita litania, che
conosciamo tutti a memoria: buongiornooo, signoriii, sono una povera
bosniaca, non ho lavoro e ho 5 figli...non sanno come
mangiareee...datemi qualcosa per il latteee.... Oppure il finto
'sciancato'. Cammina vestito malamente dentro i vagoni, con
un'andatura platealmente zoppa e un piede piegato all'esterno, come
fosse rotto. E implora qualcosa. Una volta un paio di carabinieri lo
guardavano. Lui, immediatamente dopo, la stazione successiva, esce e
si mette a correre, sanissimo.
Poi, c'è l'umanità dei suonatori. Arriva un tizio, che entra da una fermata qualsiasi. Ha con se una cassa altoparlante incollata con lo scotch a un trolley sgangherato. Appena la Metro riparte, attacca il suo micro-show: buongiorno a tutti, scusate e buon viaggio, risuona nell'aria, dall'artoparlante a cui lui sussurra col microfono in mano. E comincia una breve carrellata, sempre la stessa, di successi, cantati in Karaoke, con la musica in sottofondo. C'è la, ormai solitissima, MY WAY, e tutti i classici internazionali. Lo show dura da 1 a tre minuti. I cantanti variano. Dal Rom ragazzino, alla Rom stagionata, al sudAmericano romantico, all'Ungherese violinista. Si chiude con l'immancabile bambino che, con aria rassegnata, gira con un bicchiere di carta in mano, sperando di suscitare pietismo nei passeggeri. La Metro si ferma, acchiappano il carrello e fuggono per l'uscita.
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